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monasteri del predetto Pacomio, li quali io visitai, molti
artefici di diverse arti, secondo che erano nel secolo, li
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quali servivano alli monaci dell arte loro, e ciò che gua-
dagnavano sopra le spese, davano ai poveri monasteri di
donne e agl incarcerati. Vidi anche fra loro alcuni che
pascevano li porci, la qual cosa parendomi sconvenevo-
le, e riprensibile, dissermi che era bisogno ch egli notri-
cassero de porci, acciocchè non gittassero la purgatura
delle biade e dell erbe e dell altre cose che mangiavano.
Era anche quest usanza fra loro, che quelli che erano de-
putati a ciò, insino all aurora ponevano le mense e appa-
recchiavano li cibi, e poi in sulla terza li ponevano in
mensa e poi ciascuno, quando voleva, veniva a mangiare
e chi veniva a terza e chi a sesta e chi a nona e chi a ve-
spro, e alquanti più perfetti indugiavano insino all altro
dì o insino al terzo dì; e facevano anche diverse arti, ma
tutti lavoravano in comune, e ciascuno quanto poteva si
sforzava d imprendere a mente le Scritture divine.
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VITA DI S. SERAPIONE
Di Santo Serapione, come fu grand amatore di povertade e
come più volte si vendè per salute de prossimi.
Fu un altro perfettissimo monaco ch ebbe nome Sera-
pione, lo quale avvegnachè fosse pieno d ogni virtù,
massimamente in questa eccedea che nulla cosa terrena
disiderava, nè possedea; ed era uomo anche di mirabile
astinenzia e dottissima della Scrittura divina. Questi per
zelo della salute de pagani, i quali vedea senza cogno-
scimento di Dio, una fiata, essendo in un castello, si fece
vendere a un suo compagno monaco per certo prezzi ai
mimi i quali erano uomini infedeli per intendimento di
convertirgli, come poscia fece; e quel prezzo che ebbe di
sè stesso, si serbò occultamente, e adoperandovisi la di-
vina grazia, tanto stette con loro per ischiavo che gli
convertì alla fede e al conoscimento di Cristo. Avea in
uso di non mangiare altro che pane e acqua, e quanto
potea si studiava di leggere la divina Scrittura e tenevala
in memoria, e innanzi che la sua virtù fosse conosciuta
dai suoi signori, volevano e ricevevano da lui ogni vil
servigio, come da loro schiavo; ma poichè convertiti co-
nobbero la sua virtù, lo chiamarono e dissero così: Co-
noscendo la virtù di Dio in te, sì l vogliamoti liberare
d ogni servitudine, e vogliamo che sii libero, perciocchè
tu hai liberato noi da molto peggiore servitudine, cioè
dal demonio e dal peccato, e recati in libertà di grazia.
Allora rispuose lo beatissimo Serapione e disse: Poichè
Iddio v ha recati a stato di salute e a conoscimento di sè,
non mi pare che io vi sia più necessario; e però, poichè a
voi piace, volendomi io partire, revelovi quel che insino
ad ora v ho nascosto, cioè, che, essendo me libero e mo-
naco in Egitto, avendo compassione al vostro errore, fe-
cimi vendere, ed essere vostro servo per liberare voi de-
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gli errori, come fatto è per la grazia divina; onde ecco il
prezzo che di me deste, tenetelo e lasciatemi andare a
guadagnare degli altri infedeli per lo predetto modo. E
pregandolo quelli che gli piacesse di rimanere con loro,
e eglino l averebbono non per ischiavo, ma per padre e
signore, non volle; e anche pregandolo che il prezzo se
ne portasse, e, se non lo volesse per sè, il desse almeno a
poveri, disse: Datelo pur voi, ch egli è vostro; che io per
me non voglio dare l altrui pecunia ai poveri. E dopo
queste parole volendosi partire, pregaronlo quelli suoi
signori che erano istati, che almeno si degnasse d andar-
gli a vedere ad Atena dopo un anno. E partendosi lo
predetto Serapione senza pecunia o cosa temporale, an-
dando pellegrinando pervenne ad Ellade, e poi ad Ate-
na, non avendo nè bastone, nè tasca, nè altro se non so-
lamente un vestimento di lino che avea indosso; e per tre
dì stando ad Atena non trovò chi lo invitasse a mangia-
re; e il quarto dì incominciando ad avere gran fame,
puosesi in un ridotto della città nel quale li grandi prin-
cipi e savi della terra si congregavano al consiglio e pic-
chiandosi le mani, e gridando fortemente che era isfor-
zato, dicea: Signori Ateniesi, soccorretemi. Alle quali
grida molti commossi corsero là e domandarlo onde fos-
se e che ingiuria patisse: ed e rispuose che era monaco
d Egitto e poi disse: Poichè io mi partii della mia patria,
venni a mano di tre debitori, a due de quali in alcun
modo ho soddisfatto, ma il terzo mi tiene e richiedemi il
debito, e io non ho onde gli possa soddisfare. E doman-
dandolo alcuno de filosofi quali fossero questi debitori
e dove stessero, e specialmente qual fosse quegli che gli
richiedea il debito, promettendogli che, se il mostrasse
loro, gli farebbero aiuto, rispuose e disse così: Dal prin-
cipio della mia gioventù questi tre debitori mi furono
molesti, cioè cupidità di pecunia, disiderio di diletto
carnale e disiderio di gola; ma i primi due, cioè la cuipi-
dità e l disiderio di diletto, ho quietati, sicchè non mi
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sono più molesti; ma il terzo, cioè la gola, mi molesta
molto, che, essendomi stato, ora sono quattro dì, senza
soddisfargli, richiedemi impazientemente lo debito, e, se
io non gliele rendon mi minaccia d uccidere. Allora uno
di quei filosofi non intendendo pienamente, ma pensan-
do che parlasse sotto certe simiglianze, sì gli diede alcu-
na pecunia, la quale egli prendendo diede ad uno che
vendea pane e prese pure un pane e partissi e non vi
tornò mai più. La qual cosa considerando quelli filosofi,
veramente dissero e diffinirono che era ammirabile e
perfetto uomo. E quindi partendosi lo santissimo Sera-
pione, venne a Lacedemonia, e capitando a casa di un
grand uomo della terra e trovando che egli e tutta la sua
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